PALERMO- “Il giudice Falcone era un uomo buono che soffriva maledettamente. Soffriva perché si sentiva isolato, perché era attaccato da tutti. Dormiva poco. Certe volte, dopo un breve riposo pomeridiano nel suo ufficio, io lo andavo a svegliare con discrezione, per un caffè. Mi apriva la porta, con i capelli arruffati, gli occhi rossi, con la faccia di un bambino che stava facendo bei sogni, ma è stato richiamato a una triste realtà. Quel volto è dentro di me”.
Nessuno pensa mai al dolore di Giovanni Falcone. Giovanni Paparcuri, il suo collaboratore elettivo, la nostra voce narrante, non può dimenticarlo. Nessuna pensa mai alle sevizie psicologiche e morali riservate al magistrato, celebrato in un tripudio di retorica funeraria, ogni 23 maggio. Dissero che era un innamorato del potere, che si era venduto ai socialisti, per la presunta vicinanza al ministro Martelli. Lo accusarono, con sussurri e pettegolezzi, di avere sistemato la bomba, nella sua villa all’Addaura, per un surplus di popolarità. Una sentenza della Cassazione ha (altro…)
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