Sessa Aurunca(Ce)- (di Marco Di Maggio) Gli italiani 21 anni fa rinunciarono all’energia  nucleare con un referendum, ma le centrali sono ancora lì che incombono, tra distese agricole e vicino ai centri abitati. A Sessa Aurunca, in provincia di Caseta, dopo lo stoccaggio delle relative scorie nucleari, queste ultime dovevano essere sistemate in un sito idoneo ad ospitarle. Ma dopo oltre un ventennio di dismissione la centrale nucleare del Garigliano rappresenta ancora il timore d’inquinamento da scorie radioattive, un’ ecoterrore. Intanto sulla Gu n° 277 del 28.11.07 viene reso noto il c.d. “tesoretto nucleare”, contributo previsto a favore dei siti che ospitano centrali nucleari. L’indennità compensativa per il Comune di Sessa Aurunca e la Provincia di Caserta ammonta a tre milioni e seicentomila euro. Viene chiamata “compensazione ambientale“, ma sembrerebbe più una sorta di affitto per accettare di tenersi i materiali radioattivi, con tutte le conseguenze; un compenso elargito a causa dell’inidoneità degli  attuali siti di stoccaggio. Questa centrale fu costruita tra il 1960 ed il 1963 dalla General Electric su commissione della Società Elettro Nucleare Nazionale del gruppo Iri-Finelettrica, all’epoca in cui si respirava l’ebbrezza del nucleare a tutti i costi per raggiungere le altre potenze mondiali. La sua storia ci ricorda diciotto incidenti di rilievo, tra cui quello del 1980, ricordato come la “Chernobyl di casa nostra”, il quale provocò la fuoriuscita di grandi quantità di materiale radioattivo, soprattutto Cesio-137 e Cobalto-60, registrabile ancora oggi nell’area incriminata, facendo registrare dopo qualche giorno la morte di tutte le bufale della zona con la moria di pesci lungo il tratto di mare ove sfocia il fiume Garigliano e successivamente malformazioni congenite nei vitelli allevati nella zona contigua con uno spaventoso aumento della mortalità per tumore e leucemia negli esseri umani. Nel 1981 l’Enel, subentrata alla Senn nel 1965, decise di non riavviare più l’impianto. E’ stato calcolato che presso la centrale ci sono ancora circa 2.500 metri cubi di scorie radioattive stoccate. Intanto arrivano i soldi “per compensare” pericoli ed inidoneità, in attesa del lontano 2016, anno di scadenza del programma predisposto da Sogin, subentrata all’Enel, da nove anni proprietaria della centrale, che punta al totale smantellamento dell’impianto ed al ripristino ambientale dell’area entro quell’anno. In pratica, ci vorrà ancora qualche decennio affinché si possa parlare di riqualificazione del territorio e intanto assisteremo passivamente alla rovina di una zona a vocazione agricola ed al pascolo delle bufale grazie alle quali viene prodotta proprio in questa zona la mozzarella di bufala campana, prodotto tipico che ha acquisito il marchio di denominazione protetta. Tutto ciò senza considerare che nessun impianto atomico è stato finora smantellato e non si sa come proteggere i materiali che resteranno altamente radioattivi per migliaia di anni. Nel frattempo si sta facendo il gioco di quei gruppi di interesse che si candidano a gestire una montagna milionaria di investimenti pubblici togliendo risorse al vero futuro energetico delle nostre terre che si chiama solare, eolico, fotovoltaico, efficienza energetica. Proprio su queste basi bisogna puntare per il rilancio di queste zone che possiedono i requisiti e la voglia di rialzarsi. (art di Marco Di Maggio, Cultore di Criminologia Università degli Studi di Cassino )
Pubblicato da red. prov. “Alto Casertano-Matesino & d”